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martedì 6 febbraio 2018

Sea Kayak in USA

Durante la nostra luna di miele a giugno del 2014 abbiamo visitato alcuni parchi nazionali degli Stati Uniti del sud ovest; partendo da Los Angeles abbiamo percorso una serie di tappe: Gran Canyon, Monument Valley, Arches Park, Bryce Canyon, Zion Park, Yosemite Park e infine la città di San Francisco, per poi tornare di nuovo Los Angeles. Il viaggio è stato interamente organizzato da noi per darci la possibilità di cambiarlo cammin facendo se necessario.
Durante la preparazione delle valigie, abbiamo voluto inserire abbigliamento da kayak e scarpette in neoprene dicendoci “non si sa mai”. Facendo ricerche da casa prima di partire, avevamo visto che c’era la possibilità di fare escursioni sul lago Powell, però purtroppo il sito non era chiaro, quindi abbiamo deciso di rimandare le indagini a quando saremmo arrivati sul posto.
La prima escursione che abbiamo fatto è stata nello stato dello Utah dopo aver visitato il parco degli Archi dove il fiume Colorado scorre lento nei canyon. Esso è uno stato del sud ovest costituito da tre regioni: le Montagne Rocciose, il Gran Bacino e l’altopiano del Colorado. La maggior parte della popolazione vive nella parte Nord Est, vicino alla capitale Salt Lake City, lasciando vaste aree dello Stato quasi disabitate. Infatti ci è capitato di guidare per una cinquantina di chilometri, per passare da un paese all'altro, senza trovare abitazioni. Lo stato dello Utah è noto per la grande varietà del suo paesaggio naturale, che va dagli aridi deserti con dune di sabbia sull'altopiano del Colorado alle rigogliose foreste di pini nelle vallate montane.
La parte di nostro interesse dello stato dello Utah è quella meridionale, nella quale scorre il Colorado, con le forme insolite e le mille sfumature caratteristiche della roccia arenaria. Il fiume e i suoi affluenti hanno scavato i loro percorsi all'interno di questa roccia, creando alcuni dei paesaggi più selvaggi e impressionanti del mondo. Vento e pioggia hanno scolpito questa roccia friabile per milioni di anni. Canyon, guglie, archi, pinnacoli, butte (rocce emergenti tipiche del paesaggio western) e mesas sono elementi distintivi che si possono osservare nello Utah sud-orientale. 
Il fiume Colorado è un fiume collocato nel sudovest degli Stati Uniti e nordovest del Messico. È lungo approssimativamente 2.330 km e attraversa sette stati (cinque negli USA: Colorado, Utah, Arizona, Nevada, California, e due in Messico: Sonora e Bassa California).
Giunti nella cittadina di Moab, lungo la strada principale abbiamo notato diversi negozi che affittavano Sit-on-Top o comunque pubblicizzavano la possibilità di fare esperienze con il loro team lungo il fiume. Per vicinanza alla nostra struttura alberghiera abbiamo scelto il “Canyon Voyagers Adventure”: si tratta di un’attività commerciale che vende attrezzatura per kayak e propone escursioni in singola giornata o navigazione di più giorni con kayak da mare oppure attività di rafting o SUP.
Valutando il tempo a disposizione e il parco da vedere, abbiamo deciso di aderire all'attività Calmwater: si tratta di un’escursione di gruppo di livello SK1 dove non era richiesto alcun requisito iniziale.
Il materiale in dotazione era kayak da ricreazione con lunghezza inferiore a 4.20 metri, un giubbetto, una pagaia e alcuni snack.
Il nostro gruppo, formato da 8 persone, era molto eterogeneo per preparazione, per cultura e per età.
La guida ci ha condotti al punto di imbarco, ci ha consegnato il materiale e in pochi minuti ci ha spiegato cos'è un kayak e come si pagaia. Ci siamo imbarcati e abbiamo percorso i nostri 16 km sul Colorado.
Il paesaggio intorno a noi era un susseguirsi di canyon e insenature scavate dall'acqua, rocce argillose rosse e fondali fangosi. Il fiume raggiungeva una larghezza di circa 30 metri, aveva una corrente molto lenta e accanto a esso passava la strada. Ci siamo subito messi d’impegno a guardare il paesaggio per cercare eventuali punti di sbarco perché rovesciarsi in quel fiume non sarebbe stato il massimo.
La guida ci ha parlato della flora e della fauna locali, soffermandosi sulla descrizione dei pesci gatto (sia dal punto di vista animale che culinario) mentre sopra di noi volavano cormorani e condor.
Il viaggio è terminato in corrispondenza di un’ansa del fiume dove era presente una struttura per barbecue.  
La seconda tappa in kayak è stato il Lago Powell in Arizona. Dallo Utah il Colorado si immette nel Lake Powell, creato dalla diga Glen Canyon. A valle della diga, le acque rilasciate dal fondo del lago sono chiare, pulite e fredde. Il lago Powell segna il confine tra Utah e Arizona.
L'Arizona è il sesto Stato degli USA per grandezza e circa il 15% del suo territorio è di proprietà privata. Il resto è tutto di competenza pubblica con parchi e foreste statali e federali, aree protette e riserve dei Nativi americaniI luoghi più conosciuti e visitati dai turisti sono il Grand Canyon, la Monument Valley, l'Horseshoe Bend e il Deserto di Sonora. 
In Arizona abbiamo passato due notti nella cittadina Page, famosa per l’ansa del fiume Colorado che ha la forma di un ferro di cavallo. Anche qui abbiamo trovato molte strutture che affittavano sit-on-top o organizzavano escursioni in giornata o di più giorni sul lago con i kayak da mare. Purtroppo nel giorno in cui eravamo a Page non erano previste escursioni di gruppo e l’idea di affittare sit-on-top non ci piaceva. Abbiamo continuato a cercare finché tramite internet abbiamo trovato la possibilità di noleggiare sea kayak presso "kayak Lake Powell" e navigare in modo indipendente, ma abbiamo dovuto spiegare al proprietario  che eravamo capaci di pagaiare.
In dotazione oltre al sea kayak, pagaia e giubbetto, ci ha dato paraspruzzi, sacca stagna, pompa di sentina, spugna, cime per legare i kayak e rulli in polistirolo per fissare i kayak all'auto. Il proprietario dell’attività ci ha lasciato una mappa del lago e un foglio dove attestava che avevamo affittato i kayak nella sua struttura. Questo documento ci è servito entrando nel parco perché per preservare la biodiversità ci sono obblighi e divieti da rispettare, in particolare per evitare la diffusione di alghe e batteri era obbligatorio lavare qualsiasi imbarcazione tra un giro e l’altro.
Ci siamo prefissati di raggiungere il Lower Antelope Canyon nella riserva Navajo, uno dei tre percorsi suggeriti nella mappa che avevamo con noi. Abbiamo pagaiato così per qualche chilometro. I punti di sbarco erano davvero pochi. Il fiume si stringeva sempre di più fino a scomparire. Ci siamo fermati su una spiaggetta, abbiamo abbandonato i nostri kayak e iniziato a camminare nella sabbia. La temperatura era prossima ai 40°C, era mezzogiorno. Il canyon si stringeva. Sapevamo che se avessimo camminato per un paio d’ore saremmo giunti nella riserva. Purtroppo tra il caldo, l’abbigliamento inadatto a camminare sulla sabbia, i rumori “strani” che si sentivano e che io collegavo a serpenti a sonagli, ci hanno fatto decidere di tornare ai kayak e proseguire il nostro giro.
Ci siamo poi fermati per varie tappe rinfrescanti lungo il percorso. Purtroppo l’odore di gasolio rilasciato dai motoscafi che navigavano sulle acque del lago era molto fastidioso. Lo sbalzo termico tra temperatura dell’acqua e dell’aria ci ha portato ad abbandonare presto il bacino e restituire i kayak.
Siamo poi tornati al deposito e ci siamo intrattenuti con il proprietario con cui abbiamo confrontato le nostre esperienze, noi raccontando i nostri viaggi in Italia e in Croazia e lui le sue avventure nel centro degli States.  
La terza esperienza ha avuto luogo in California. Il nostro piano prevedeva di percorrere una delle strade più celebrate al mondo, la Pacific Central Coast da San Francisco a Los Angels. Partendo dalla prima città abbiamo attraversato Santa Cruz, Monterey, Carmel, Santa Barbara e Los Angeles, sostando nella contea di San Luis Obispo a metà strada.
Gran parte della Pacific Coast Highway attraversa lande desolate e punti di osservazione che permettono di godersi la rara e stupefacente bellezza naturale della costa. Si tratta di un tratto impressionante, punteggiato da scogliere selvagge a strapiombo che si ergono sopra il mare impetuoso e roboante, ponti sospesi sul Pacifico, cascate sulla spiaggia e curve mozzafiato, spiagge primitive e sconfinate, una natura esplosiva. È un oceano freddo e senza compromessi, battuto dai venti, un habitat adatto a leoni ed elefanti marini ma non certo all'uomo. Le spiagge sono costantemente spazzate dal vento e dalle onde. Tantissimi sono i luoghi in cui vale la pena fermarsi, fare quattro passi sulla battigia, scattare qualche foto, ammirare in silenzio le forze della natura allo stato primitivo.
Nella contea di San Luis Obispo ci siamo fermati a Pismo Beach e, grazie alla connessione Wi-Fi, abbiamo potuto trovare immediatamente il centro kayak locale (Central Coast Kayak) che subito abbiamo raggiunto per prendere contatti. Anche in questo caso si trattava di un negozio che oltre a vendere kayak organizzava escursioni verso mete come fari o grotte e varie tipologie di spedizioni, ma anche eventi come team building, corsi base e corsi avanzati, SUP e kayak fishing.
Il proprietario voleva farci partecipare a un’escursione al faro con dei sit-on-top raccontandoci dell’alta probabilità di vedere i delfini. Anche in questo caso a noi non è piaciuta l'idea, abbiamo spiegato che volevamo fare un’escursione con kayak da mare e con una difficoltà maggiore rispetto alla sua proposta e dopo una chiacchierata di un’oretta siamo riusciti a convincerlo.
All’alba ci siamo presentati presso la struttura e con 2 guide certificate ACA (American Canoe Association) ci siamo preparati per l’escursione. Il materiale messo a disposizione da loro erano kayak, pfd, pagaia, paraspruzzi, casco, pompa di sentina, sacca stagna, spugna, paddle float, muta umida e calzari. L’escursione è durata circa 4 ore.
L’imbarco è avvenuto in modo molto agevole grazie agli spiaggioni tipici delle coste del pacifico che facilitano l’ingresso.
Subito abbiamo stretto amicizia con John il quale dopo averci chiesto più volte se eravamo in grado di eseguire il roll, ci ha fatto attraversare il porto e giocare tra le palafitte del lungo molo, ci ha raccontato e mostrato gli animali tipici di questa zona: gabbiani, leoni marini, foche, lontre di mare, balene grigie, balenottere azzurre, aironi, garzette nivee, pellicani, cormorani e falchi pellegrini.
Siamo poi usciti dall'ambiente protetto della baia per provare le onde del surf e giocare tra i giardini di roccia, entrare nelle grotte, pagaiare sotto le scogliere mozzafiato.
Un episodio simpatico che mi è capitato è stato l’incontro ravvicinato con un piccolo mammifero: mentre immergevo la pagaia in acqua ha fatto capolino il musino di una spaventatissima foca. Entrambe ci siamo messe a gridare anche se in realtà penso che lei fosse stata più terrorizzata di me.
Per lo sbarco nel surf abbiamo preso la rincorsa al largo e John e il suo aiutante ci hanno bloccato il kayak una volta giunti in spiaggia.

John ci ha dato il cd con le foto fatte in giornata, ci siamo scambiati i contatti di Facebook e ancora oggi interagiamo sul web. 

martedì 14 novembre 2017

Imbersago - Olginate - Imbersago 12.11.2017

Per questa grigia domenica di Novembre optiamo per un classico: Imbersago - Olginate - Imbersago.
Solo alle 10 riusciamo ad imbarcarci ed insieme ad Oliver procediamo contro corrente alla volta di Brivio. Il fiume scivola placido verso sud e nonostante navigassimo in direzione opposta riusciamo a mantenere un passo di 3 Nodi su gran parte del percorso.
Il sole non ha alcuna intenzione di farsi vedere e la temperatura ormai invernale si fa sentire.
Con una massima di 12 gradi siamo costretti a coprirci per bene, manopole comprese.
L'aspettativa per la solita avventura nel cannetto non è alta ma ci proviamo! Decidiamo così di imboccare un canale secondario avvolti da un'umidità ovattata che rende ancor più suggestivo il passaggio. Nonostante il livello idrometrico basso riusciamo comunque ad affrontare tutto il percorso.
La giornata uggiosa e fredda fa si che ci sia poca gente a passeggio, noi siamo più che contenti perchè riusciamo a vedere oltre a svassi, gallinelle, folaghe, tuffetti  (piombini come li chiama Oliver) anche gli aironi bianchi, cenerini, martin pescatori e garzette.
Proviamo disagio durante l'incontro ravvicinato con la nutria che con indifferenza taglia la nostra strada nell'intento di portare nuovi addobbi per la sua tana.
Dopo un lauto pasto a base di minestrone e Loacker (gentilmente offerti da Fabry) facciamo rientro approfittando della debole corrente favorevole.
Solo alle 15.00 ci troviamo di fronte all'andirivieni del "traghetto di Leonardo" a cui cediamo il passo cogliendo l'occasione di assistere al funzionamento di un mezzo di trasporto disegnato nel 1500 probabilmente dall'inventore durante il proprio soggiorno a Vaprio d'Adda. Questo traghetto rimane l'unico esemplare su 4 tuttora in funzione che unisce la sponda lecchese a quella bergamasca.
Alla prossima!!


martedì 25 aprile 2017

Basso Lario Orientale


Domenica 23 aprile Mauro, Mary e Luca iniziano a pianificare la giornata successiva per proporre al gruppo un’escursione sul Lario Orientale.

Detto fatto, l’appuntamento è per lunedì mattina al porto di Valmadrera per l’imbarco. Mary, Luca, Mauro e Oliver sono pronti per navigare verso Bellagio. Il percorso si è snodato lungo la costa ovest del ramo di Lecco partendo da Parè, tappa caffè al campeggio “La Formace” di Onno e pranzo a Bellagio, circa 18km; per il ritorno si è passati sull’altra sponda dopo una traversata di un paio di km su Fiumelatte, tappa a Olcio, Abbadia Lariana, altra traversata su Moregallo e ritorno a Parè. In totale abbiamo pagaiato per circa 38km in condizioni molto tranquille, bava di vento, nuvoloso e assenza totale di motoscafi. Eravamo noi i padroni del lago!
Percorso



sabato 4 marzo 2017

Isola di Mljet_parte 2

6 agosto 2016 U.Gradova – U.Sutmiholjska
Percorso in kayak: 9km (4,86mn)








La sveglia suona alle 4.30.
È buio e nella pineta tutto dorme ancora. Ci apprestiamo a preparare la colazione, risorgendo dalle tenebre come le prime luci dell’alba. Il bosco si sveglia all’improvviso e, come ogni mattina, le cicale iniziano a cantare passando da un silenzio profondo a un ipnotico sottofondo.
Nonostante la brezza di Bora del giorno precedente, notiamo che intorno a noi ci sono parecchie nuvole e il sole fatica a emergere: un probabile fronte freddo in direzione ovest, constata Davide. Con mille preparativi da fare il tempo vola, e ci ritroviamo pronti solamente alle 7, con davanti a noi una ventina di km di pagaiata.

Nella piccola baia il mare è calmo, ma una volta fuori incontriamo le prime onde, lunghe e alte circa mezzo metro. Ci divertiamo un po’ con il surf, ma cerchiamo di stare sotto costa per rimanere riparati dalle raffiche di vento come ci è stato consigliato dal gentile pescatore.
Superiamo rapidamente la zona di Ropa, osservando che il paesaggio intorno a noi è molto diverso rispetto alle aspettative: il grigio condiziona notevolmente la nostra visione e Luca, che sceglie di tenere addosso gli occhiali da sole, vede tutto più scuro di quanto realmente sia. Proseguiamo il cammino, mentre il cielo alle nostre spalle si fa sempre più nero; davanti a noi però sembra che il sole abbia la meglio. Ci troviamo a fronteggiare un paesaggio roccioso, coperto da una vegetazione di un verde molto intenso e, a causa delle onde che ci accompagnano dalla partenza, notiamo che non c’è alcuna possibilità di sbarco.
Dopo un’ora e mezza arriviamo nella baia Sutmiholjska, la nostra prima tappa della giornata.




Scorgiamo una spiaggia di piccoli ciottoli circondata da case di pescatori. Sono le 8.30, in spiaggia oltre a noi ci sono un paio di coppie di turisti sotto un caldo sole.
Decidiamo di fermarci per un’oretta: c’è chi fa il bagno, chi mangia e chi fa foto. La baia è molto bella, caratterizzata da un'acqua dai colori straordinari.
Avvisiamo il nostro “Italian Father” che siamo fermi alla baia e che abbiamo passato una notte serena.

Stiamo per ripartire, ma guardando il cielo ci accorgiamo che purtroppo i nuvoloni da ovest ci hanno ormai raggiunti, mentre in mare aperto possiamo scorgere un continuo scaricare di lampi. Preoccupati decidiamo di raccogliere informazioni dai locali.
Cerchiamo di comunicare con un giovane pescatore utilizzando il traduttore di google (santa tecnologia), ma il suo suggerimento è di fermarci nella baia per un’altra oretta; parliamo anche con una turista croata che cerca di confortarci dicendo che il meteo prevede un temporale di brevissima durata.




Le prime gocce di pioggia che colpiscono le nostre teste non ci lasciano dubbi sul da farsi: Luca e Davide vanno in spedizione per cercare una copertura che ci consenta di accamparci per qualche tempo mentre Mary e Clara si riparano all’interno di una vecchia casa che fa da deposito materiale per i pescatori in compagnia di un gruppo di francesi. Con grande sorpresa, ecco che Valter e consorte si materializzano e chiedono se abbiamo bisogno di fare la spesa. Clara si unisce a loro e dopo un tempo che è parso infinito torna con cioccolato e pane: l’attesa è stata adeguatamente ricompensata. Eravamo preoccupati che Clara tornasse con un paio di scarpe tacco 12 abbinato a qualche borsetta!
Ecco che smette di piovere, pranziamo e siamo pronti per ripartire, ma non siamo per niente convinti.
Davanti a noi possiamo vedere una serie di lampi che scaricano in mare, anche se lontani, mentre sopra le nostre teste il cielo è ancora nero.
Rassegnati optiamo per la sosta forzata, e l’unico rifugio che riusciamo a trovare è il terrazzo di una casa di un pescatore. Ci sono nasse e reti ovunque, che spostiamo con attenzione per fare spazio alle nostre tende. Il posto non è affatto accogliente né confortante, ma è l’unico spazio asciutto e riparato che abbiamo trovato. Facciamo in tempo a sistemarci ed ecco che un altro bel temporale si scatena sopra la nostra spiaggia. Siamo tutti ben contenti di aver deciso di fermarci.
Passiamo quindi il resto del pomeriggio in tenda giocando a carte e mangiando pane e cioccolato.
Ogni tanto guardiamo la spiaggia per controllare i nostri kayak, abbandonati e legati come animali in gabbia in un angolo sotto la pioggia. Il colore del mare è cambiato rispetto al mattino, tutti lo troviamo molto più grigio e malinconico tranne Luca, che nel frattempo ha tolto gli occhiali da sole. La temperatura si è abbassata e iniziamo ad avere freddo.

 
Il temporale finisce ed ecco apparire un bellissimo tramonto: finalmente il rosso del sole colora il cielo e approfittiamo della ritrovata calma atmosferica per fare due passi, osservare il mare dall’alto, guardare la vegetazione e cercare campo per inviare qualche sms.
Di ritorno facciamo una doccia sotto le nostre super bags. Ma a causa del maltempo l’acqua non si è scaldata durante la giornata e quindi non ci resta che lavarci molto in fretta. Per combattere questa sensazione di freddo cuciniamo un buon piatto di pizzoccheri disidratati che abbiamo portato dall’Italia e ci corichiamo al caldo nei nostri sacchi a pelo aspettando l’alba.

7 agosto 2016 U.Sutmiholjska- U. Prec
Percorso in kayak: 19,61km (10,59mn)


Anche oggi la sveglia suona alle 4.30. Controlliamo subito il cielo, è ancora buio: non ci sono nuvoloni all’orizzonte. Facciamo colazione, sistemiamo i nostri kayak, scrutiamo nuovamente il cielo, indossiamo la giacca d’acqua e alle 7 siamo pronti per ripartire. Non vediamo l’ora di essere in acqua a navigare. 
Secondo il nostro piano di viaggio, dopo circa 3 miglia dovremmo trovare la nota Grotta di Ulisse, una caverna carsica il cui soffitto è crollato formando un accesso alla terra ferma tramite un largo pozzo e collegato al mare aperto da un basso tunnel attraverso il quale è possibile passare solo con il bel tempo. La leggenda narra che proprio in quel luogo Ulisse, dopo il naufragio sulle rocce dell'isola di Ogigia, per sette anni guardava il mare aperto con tristezza e nostalgia della sua casa e sua moglie Penelope, e la bellissima ninfa Calipso, figlia di Poseidone, ancora più triste lo guardava innamorata.
Sappiamo che è difficile trovare l’ingresso della grotta via mare, perché il passaggio è molto piccolo, ma dai blog che abbiamo studiato in precedenza abbiamo visto che ci sono alcuni punti di riferimento, come ad esempio il bar sopra la roccia e la scaletta che scende in acqua. Battendo la costa palmo a palmo la troviamo. 
Entriamo attraverso un basso tunnel: una volta all’interno notiamo che tre lati presentano pareti scoscese mentre dal lato della terraferma identifichiamo fra scogli appuntiti un sentiero che collega la grotta con il parcheggio (circa mezz’ora di camminata). Abbiamo la grotta tutta per noi: i turisti non sono ancora arrivati, quindi ci godiamo il silenzio e il blu del mare in un posto davvero incantevole.


A malincuore decidiamo di procedere. Memorizziamo la posizione, annotando che potrebbe rappresentare un buon punto sosta per pochi kayak in giornate di bel tempo.
Continuiamo la nostra pagaiata: il paesaggio nel lato meridionale dell’isola è caratterizzato da una costa irregolare alta 2 o 3 metri a picco sul mare, da dove si sviluppa la tipica vegetazione delle isole croate.
Finalmente giungiamo ad una piccola baia abbandonata. Ci sono un paio di barche da pesca messe in sicurezza sulla terra ferma, una piccola e vecchia costruzione (probabilmente deposito di qualche pescatore) e tanta immondizia portata dal mare durante le mareggiate. Facciamo una breve sosta per controllare l’itinerario: la prossima tappa sarà tra 6 miglia ovvero circa 2 ore di navigazione senza altra possibilità di sbarco. Ne approfittiamo per sgranchirci le gambe, recuperare energie ma soprattutto mangiare.

Ripartiamo costeggiando. Il paesaggio si fa sempre più incantevole e selvaggio; su uno scoglio vediamo un gruppo di caprette che scendono verso l'acqua e altre che scappano al nostro arrivo, giochiamo vicino agli scogli e tra le onde. Il mare sembra benevolo e il cielo clemente. Pagaiamo estasiati da tutto ciò che ci circonda come se non avessimo mai visto nulla di simile prima.
Mary tiene sotto controllo la mappa. La conformazione del paesaggio e gli isolotti che vediamo ci indicano che siamo vicini al punto in cui avevamo stabilito di passare il resto della giornata. Poco dopo ci avviciniamo ad un masso piatto e, uno per uno, scendiamo dai kayak che delicatamente togliamo dall’acqua appoggiandoli su dei tronchi di legno. Durante la fase di sbarco Luca fa un incontro insolito con un polipo che si trova stranamente su uno scoglio a prendere il sole nell’inconsapevolezza di poter finire sul menu di mezzogiorno.
Facciamo appena in tempo a sbarcare che già ricomincia a piovere. Dai kayak togliamo l’essenziale e ci divertiamo a costruire un riparo provvisorio tra gli alberi: erigiamo la pagaia groenlandese a mo' di palo e la copriamo con il telo della tenda, poi tendiamo delle cime che usiamo per allargare il nostro rifugio e per stendere paraspruzzi e giubbetti. 

Nel giro di pochi minuti, il vento cambia e porta via i nuvoloni carichi di pioggia. Ormai è l’una, mangiamo le nostre insalatissime e gustiamo pane e salame.
Durante il pomeriggio Mary e Clara prendono il sole e dormono, mentre gli ometti si cimentano nella pesca sperimentando in nuove tecniche: il bottino della giornata è un pesce coloratissimo non bene identificato per cui la decisione è quella di ributtarlo in mare. Il pomeriggio passa tra risate, bagni e dormite al sole per uniformare l’abbronzatura, finché Mary e Clara decidono di partire “alla Indiana Jones” e scoprire cosa può offrire il circondario. Si passa in breve da un paesaggio ricco di pini di Aleppo a massi da scavalcare ma ne vale la pena.


 

Tornate indietro, sempre tra risate e divertimento si inizia a cucinare una buona paella liofilizzata.
La vista sul tramonto ci lascia senza parole. Questa volta il campo base è mozzafiato: una pineta su un pianoro dolce ed erboso.
Dalla piantina sappiamo che per raggiungere la civiltà c’è un sentierino molto stretto: un percorso di mezz’ora!
Il pescatore aveva ragione, questo punto dell’isola è il più bello visto fino a ora.
Ci addormentiamo cullati dalla canzone del mare, con gli occhi pieni di un cielo stellato.